“Come gestire le crisi dei figli favorendo il loro sviluppo mentale” (Parte 1)
Questo articolo è rivolto a tutte le mamme e i papà che quotidianamente si ritrovano a dover gestire le reazioni spropositate e i capricci esasperanti dei loro figli. Bambini che non smettono di urlare perché non vogliono lavarsi le mani o perché vogliono finire la partita virtuale anche se la cena è pronta. Bambini che piangono perché un amichetto non vuole giocare con loro o perché sono gelosi delle attenzioni che vengono date ai fratelli. I vostri figli stanno intenzionalmente cercando di complicarvi le giornate rendendovi la vita impossibile? Assolutamente NO!! Sono semplicemente in balia del loro cervello, ancora non completamente sviluppato.
La regola delle tre C.
Il cervello dei vostri bambini sta Cambiando: questa è la prima delle tre regole da tenere a mente nella crescita dei figli. Possiamo immaginare il cervello come una casa: al piano di sotto si trovano tutte le aree cerebrali che regolano i processi vitali di base (respirazione, regolazione dei cicli sonno-veglia, digestione, espressione delle emozioni intense come rabbia e paura). È il piano di sotto a spingere un bambino a mettersi a lanciare un giocattolo o a mordervi quando non ottiene ciò che desidera. Questa parte del cervello “Agisce prima di pensare”. Al piano di sopra si trovano le aree cerebrali “più evolute” che regolano la pianificazione dell’azione, la capacità di prendere decisioni, la comprensione di sé, l’autocontrollo, l’empatia e la moralità. Quest’ultima parte del cervello è ancora immatura alla nascita e continuerà il suo sviluppo nel corso dell’infanzia (fino a venticinque anni di età!). Ecco perché i bambini spesso perdono il controllo: le aree superiori non sono ancora del tutto mature per “neutralizzare” quelle inferiori.
Il cervello può essere Cambiato: la seconda regola da ricordare quando insegnate la disciplina ai vostri figli. Le scoperte neuroscientifiche hanno evidenziato un fenomeno noto come “plasticità cerebrale” grazie a cui si formano nuove connessioni nervose sulla base delle esperienze, tra cui quelle di natura sociale. Questo significa che attraverso gli stimoli che fornite ai vostri figli quando interagite con loro potete favorire lo sviluppo dei circuiti cerebrali che regolano il coinvolgimento sociale e l’empatia, permettendo loro di instaurare relazioni gratificanti basate sulla sintonia e sulla collaborazione.
Il cervello è un organo Complesso: significa che è costituito da diverse parti, ciascuna delle quali svolge funzioni diverse. Alcune parti, per esempio, regolano la memoria, altre il linguaggio, altre le emozioni, altre l’empatia, altre ancora il pensiero. Nell’interagire con i vostri figli, soprattutto quando sono arrabbiati, delusi o sopraffatti da un’emozione, potete rivolgervi ad aree cerebrali differenti, attraverso il modo in cui rispondete al loro comportamento, ottenendo effetti diversi. In generale, “il piano di sopra” è ricettivo (cioè riflessivo), mentre “il piano di sotto” è reattivo (agisce senza controllo). In una condizione ottimale, la parte superiore comunica con quella inferiore. Tuttavia, nel pieno di una crisi di collera, o in un momento di iper-reattività emozionale, si interrompe la comunicazione tra i due piani e il bambino non è in grado di controllarsi e di riflettere sulle conseguenze delle sue azioni.
Ecco perché, in questi momenti, è importante che il genitore si chieda “A quale parte del cervello mi sto rivolgendo?”. Dare un ultimatum, minacciare con punizioni, esigere con tono severo che faccia qualcosa, sono tutte risposte che infiammano il piano inferiore, con il risultato che il bambino si metterà ancora più sulla difensiva, intensificando la sua protesta. In questi casi è più opportuno rivolgerci al piano superiore stimolando il pensiero riflessivo e la capacità di trovare alternative.
Vediamo un esempio pratico.
Immaginate che uno dei vostri figli cominci a fare storie perché non vuole finire il suo piatto e che, in un’escalation di rabbia, si metta a fare linguacce o a dire parolacce. Sicuramente una situazione del genere metterebbe a dura prova qualunque genitore che, vedendo il proprio figlio “dare di matto”, potrebbe decidere di ricorrere alle minacce dicendogli che se continuerà a comportarsi così perderà qualche privilegio, oppure, alzerebbe la voce spiegandogli che non ci si comporta così. Ora che conoscete come funziona il cervello, sapete che queste risposte infiammano la parte inferiore del cervello. In una situazione come questa, possiamo invece dargli l’opportunità di comprendere quanto la negoziazione, la sintonia, la comunicazione e il compromesso siano importanti nelle relazioni. Per fare questo occorre fare ricorso alla parte superiore del cervello suscitando una risposta basata più sulla riflessione che non sulla lotta o sulla reazione. Come prima cosa il genitore si sintonizzerà sul bisogno emotivo del bambino comunicando comprensione con tono calmo e gentile: “Sembri molto arrabbiato, è così?”. In questo modo il bambino si sentirà “sentito” e “visto” (ricordatevi che per il bambino certi episodi sono davvero vissuti come delle vere e proprie ingiustizie). Dopodiché chiederemo a lui che cosa lo ha fatto arrabbiare e gli spiegheremo che riusciamo a capire che lui si senta scontento. Secondariamente, contratteremo con lui, per esempio dicendogli: “Dimmi quale sarebbe secondo te una quantità giusta da mangiare”, “Cerchiamo insieme una soluzione che vada bene a tutti e due”. In questo modo daremo a lui l’occasione di sentirsi capace di compiere autonomamente delle scelte, di risolvere i problemi e di influenzare l’ambiente circostante. Soltanto quando il bambino si sarà calmato, il genitore potrà parlargli dei comportamenti appropriati ed inappropriati: “So che eri arrabbiato ma non si devono dire le parolacce alla mamma e al papà”.
Certamente, tra preoccupazioni di lavoro, gestione della casa e organizzazione familiare, non è sempre facile rispondere in questo modo. Anche nel genitore si attiva il piano di sotto!! In questi casi potete prendervi 10 minuti per respirare e cambiare stanza, decidendo di affrontare la questione in un altro momento. Ricordiamoci che nessuno è perfetto, nemmeno i genitori.
Se stai attraversando un momento di difficoltà nella gestione dei figli e cerchi psicologi a Reggio Emilia visita la mia pagina per scoprire che cosa faccio e come posso aiutarti.
Dott.ssa Elisa Zobbi, Psicologa-Psicoterapeuta Reggio Emilia